La vita straordinaria di Juan Manuel Fangio, re indiscusso della Formula 1 negli anni ’40 e ’50, è magnificamente raccontata nel docu-film di Francisco Macri: “Fangio, l’Uomo che domava le macchine”.

Non solo un susseguirsi di testimonianze commoventi di tanti suoi colleghi e sue emozionanti interviste utili a comprendere a fondo l’uomo oltre il pilota e il periodo post bellico in cui vinse tutto ciò che si poteva allora vincere, ma anche un tributo sentito, per nulla banale, utile a conoscere i valori sportivi più autentici e l’evoluzione meccanica e tecnologica delle migliori case automobilistiche al mondo.

Splendide le riprese all’interno del Museo dell’Alfa Romeo dedicate ai gloriosi anni ’50 con il magico trio delle 3F (Fangio, Farina, Fagioli).

Da approfondire con grande curiosità -per chi fosse interessato ad un approccio scientifico al concetto di “gara”- lo studio intrapreso dalla University of Sheffield’s Methods Institute che mette in relazione le qualità precipue dei drivers di F1 con gli effetti della squadra su di essi e i miglioramenti della tecnologia automobilistica negli ultimi 60 anni.

La complessa analisi statistica su parametri ben specifici decreta Fangio il miglio pilota della storia della Formula 1 con buona pace per i fan di Michael Shumacher, Ayrton Senna e Niki Lauda.

Secondo lo studio, l’effetto della squadra sul conducente può rappresentare l’85% delle prestazioni. E questo concetto era ben chiaro a Fangio, ovviamente molto, ma molto prima che l’Università si mettesse al lavoro.

Fangio era innanzitutto un eccellente meccanico con profonda conoscenza di gomme e motori. Racconta di aver lasciato la scuola per dedicarsi alla meccanica e di aver fatto la prima corsa come co-pilota a soli 18 anni per vincere poi nel 1940-41 il campionato di Buenos Aires.

Senza il meccanico non si vince la gara”- era il suo motto. E per questa sua assoluta convinzione richiese sempre un meccanico personale, dedicato a lui e al suo veicolo in ogni circuito e con tutte le case automobilistiche per cui ha corso, sempre da vincitore (Mercedes Benz, Maserati, Ferrari, Alfa Romeo).

Todos tenemos marcado un destino en la vida”- disse Fangio e noi oggi non possiamo che riconoscere nel suo destino quello della semi-divinità in pista grazie a ineguagliabile classe alla guida, a intelligenza e concentrazione uniche in anni in cui gli abitacoli erano per altro mostruosamente scomodi e i circuiti terribilmente difficili e insicuri rispetto a ciò cui siamo abituati ora.

Fra i vari aspetti, ciò che colpisce del docu-film è aver saputo evidenziare a chiare lettere l’incredibile energia, la serietà, l’impegno e la lungimiranza delle famiglie che investivano in scuderie automobilistiche negli anni ’50. Quelle che ancor oggi sono le migliori case automobilistiche in F1 erano, di fatto, imprese famigliari all’origine.

Interessantissime, fra le varie, le testimonianze di Adolfo Orsi di Maserati, di Mika Hakinnen e Fernando Alonso, Alain Prost, Jackie Stewart e di Horacio Pagani.

Belle le riprese da Villa Varzi a Galliate che nel dopoguerra ospitò l'”Equipo Argentino”- la squadra ufficiale sovvenzionata dal governo argentino fra cui c’era, appunto, Fangio.

Non perdete questo documentario, merita davvero!

Fabio Komjanc