Il docu-film dedicato a Schumacher, all’uomo, al pilota, al gigante della Formula 1, allo sportivo, al padre di famiglia, al marito fedele e adorato é quanto mai avvincente, a tratti struggente ed emozionante sin dalle prime scene.

Lo si vede immerso in splendide acque, probabilmente tropicali, fra tartarughe e pesci coloratissimi. Il ritmo del susseguirsi delle immagini é scandito dal suo respiro con il boccaglio in un’atmosfera ovattata che trasmette serenità e pace.
E vien naturale ascoltare il proprio di respiro, respirare insieme a lui in una dimensione quasi onirica, così avulsa dal frastuono della pista in cui siamo abituati a ricordarlo.

“Devi diventare una cosa sola con la tua auto. Devi sapere esattamente quanto puoi spingerti perché c’è sempre un limite da gestire, proprio come nella vita e con le persone che ami. Devi riuscire a percepirlo quel limite e sapere come non valicarlo”.
Queste le sue parole, citate all’inizio del docu-film. Rivelano con grande immediatezza la sua personalità forte e decisa e fanno riflettere con l’amaro in bocca sul paradosso del nefasto incidente sugli sci. Lui che correva a 300 all’ora…

Il docu-film è bellissimo perché mai scontato. In un gioco sapiente di interviste e testimonianze, flashback d’infanzia e album di famiglia che appassionano e commuovono lo spettatore.

Ci sono tutti i suoi amici, i famigliari- il padre e la moglie con i figli- e poi il giornalista Richard Williams, il commentatore televisivo James Allen, Flavio Briatore, Luca Cordero di Montezemolo, Eddie Jordan, Damon Hill, Jean Todd e Willi Weber che dopo la prima vittoria di “Schumi” al Gran Premio del Belgio nel 1991 dice: “Irradiava sicurezza anche se era solo un ragazzo di 23 anni che gareggiava con delle leggende”.

Mi fermo qui, altrimenti qualcuno potrebbe dire che “spoilero” troppo.
Avrete capito che il mio invito é a non perdervi “Schumacher” su Netflix. Merita davvero!

Fabio Komjanc